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«Si sarebbe detto che tutto il tempo trascorso dalla sua infanzia altro non fosse stato che una preparazione alle azioni che era ora in procinto di compiere. Desiderava sottomettere Tebe ai suoi rituali bacchici, ricorrere ai suoi poteri divini per indurre la follia nella mente delle donne tebane, inducendole a lasciare le loro case e incamminarsi verso i monti, sotto il sole, insensibili al caldo e alla fatica.»

Dopo un lungo viaggio attraverso terre straniere, Dioniso giunge nella sua città natale, Tebe, governata dal cugino Penteo. Le donne presto si consacrano al suo culto abbandonandosi a danze, sacrifici e celebrazioni mistiche in suo onore nei boschi che circondano la città. Penteo, invece, ignora il richiamo dionisiaco e cerca di fermare la diffusione del culto, facendo catturare il giovane straniero nelle cui sembianze si è palesato il dio. Ma nessun mortale può contrastare la volontà di un dio senza subire le conseguenze della sua audacia. Dioniso, Bacco per i romani, il dio del vino e della fertilità, fu una delle divinità più venerate, e il suo spirito è sopravvissuto oltre il suo tempo per diventare l’incarnazione della follia divina, della frenesia, della creatività, della sensualità, del dolore, del godimento e di un vitalismo crudo e primitivo.